lunedì 25 aprile 2011

La vera storia del termine Balilla usato dal copista Mussolini

“Balilla” è un appellativo che oggi ha l’unico significato di giovane fascista, a parte, forse, che nel dialetto genovese.
In realtà Balilla, in genovese, dopo tanti studi di eminenti storici risorgimentali, è  un abbreviativo di Baciccia, che in ligure è, a sua volta, il diminutivo di Gian Battista.
Ma torniamo alla storia del Balilla: Genova, 1746.
Gli austriaci invadono la città che è, da sempre, stata una Repubblica Marinara, praticamente indipendente, anche se con forti alleanze, e gli austriaci sono odiati da tutti, ma molto temuti.
Un giorno d’inverno, un plotone di soldati austriaci, dopo che il proprio cannone rimase invischiato nel fango in una delle strade genovesi, chiesero, anzi pretesero, che la popolazione li aiutasse a tirarlo fuori.
La gente si riunì intorno a quello spettacolo, ma nessuno, ovviamente, voleva aiutare gli austriaci, sennonché un ragazzino, Balilla (soprannominato anche ‘Mangiamerda’ dai compagni), ebbe l’ardore di prendere un sasso e tirarlo all’ufficiale austriaco che pretendeva l’aiuto dei cittadini.
Fu la scintilla che, insieme alla classica goccia, fece traboccare il vaso ormai colmo della pazienza dei genovesi.
La città si ribellò e si liberò dagli invasori e la figura e il nome Balilla furono ripresi dagli storici del Risorgimento Italiano, tanto che Mameli, nell’Inno d’Italia, composto nel 1847, li mise nella quarta strofa, “I bimbi d’italia si chiaman Balilla”, ad indicare un ragazzino coraggioso che scaccia l’odiato straniero dalla terra italiana, quello che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno.
Fu Mussolini, nel ventennio fascista, che fece della figura e del nome del Balilla il massimo della propaganda per il proprio regime.
Balilla divennero i ragazzini che, fatti crescere troppo in fretta e vestiti da perfetti fascisti con libro e moschetto, morirono a migliaia, finanche solo 18enni, nei vari fronti della Seconda Guerra Mondiale.

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